domenica 23 novembre 2014

E vissero felici e amici



A. è una lei e come la maggior parte delle lei crede, spera e cerca fortemente il lieto fine.
R. è un lui e come la maggior parte dei lui non sa quello che vuole, quando lo vuole e come lo vuole. 
A e R si conoscono grazie ad amici in comune ed è evidente fin da subito il grande feeling tra i due. La loro vita inizia a scorrere velocemente tra una caterva di what’sappini[*] per lo più inutili del tipo: “Ciao, che fai? Come stai? Che hai mangiato? Che mi racconti? Buongiorno. Buonanotte” e lunghe telefonate, per lo più inutili del tipo: “Sto andando con Caio. Poi mi vedo con Tizio. Ah c’è Sempronio ti saluta!”. 
Ma non solo: ci sono brevi e fugaci caffè, sempre di corsa e sempre un po’ per sbaglio, come se l’emergenza ebola fosse una loro imminente (pre)occupazione. Presentazioni semi-ufficiali ma molto ufficiose di amici, parenti, animali domestici e peluche d’infanzia. Valanghe di mi piace sui rispettivi Facebook, Instagram e Twitter. Cadeaux di viaggi oltre oceano, a dimostrazione del fatto che si pensano e anche spesso. 

Tutto sembra apparentemente proseguire liscio come l’olio, fin quando A scende dal mondo fatato con le sue Zanotti tacco 12 e inizia a porsi delle domande. 
Domande che fino a quel momento erano state lungamente procrastinate.
Quel genere di domande a cui se non trovi una risposta non puoi andare avanti ma che, quando quella risposta l’hai trovata, preferiresti tornare indietro.

In quel momento entro in gioco io e duecento estenuanti e tortuose telefonate e duecento estenuanti e tortuosi what’sappini. Il tema sempre lo stesso: E’ carino, dolce, simpatico, attraente, credo stia iniziando a piacermi. Ma che faccio? Lui è premuroso, stiamo in contatto praticamente 20 ore su 24 ma non ci prova ! Non riesco a capire se per lui sono solo un’amica o se magari vuole o vorrebbe qualcosa di più.
Il rebus si intrica ancora di più quando subentrano meravigliose cene a due, accompagnate da discorsi semi-profondi su famiglia, lavori futuri e modi di vedere la vita, e tenere uscite a teatro.
(Chi ha detto che il romanticismo non è più di moda si sbaglia di grosso)
Parlo di rebus perché alla fine A, nonostante la costante presenza di R nella sua vita, non riesce ancora a comprendere se lui ci stia realmente provando o la tratti da semplice amica. Non riesce a comprendere il perché di tutto quel continuo e costante dispendio di energia, tempo e denaro se in fondo si tratta solo di semplice amicizia; che per carità è importantissima nella vita, ma per lei gli amici sono altri. E nel frattempo che non comprende, ovviamente si prende sempre di più di questa persona che la ricopre di attenzioni e cura, di questa carineria e galanteria che persino i suoi ex ufficiali non avevano.

Cara A, mi chiedi aiuto. Vorresti che trovassi io le risposte ai tuoi perché o per meglio dire ai suoi perché, ma la verità è che nel 2014 la friendzone è diventata la malattia del secolo. Una malattia psicologica a cui, secondo me, nemmeno Freud avrebbe saputo dar una spiegazione plausibile. Perchè in fondo questi maschietti, si sa, possono essere spaventati, impauriti, a volte anche atterriti dalla donna che hanno di fronte. Specialmente se si tratta di una donna intelligente, intraprendente, schietta, che sa quello che vuole dalla vita come te.

O più semplicemente, gliene dobbiamo dare atto, non ne sono tratti. Ma a quel punto è troppo tardi, per te e per loro. Perché una volta avvolti dal tuo scintillio e dalla tua gioia di vivere sanno che l’importante è non perderti. Così preferiscono tenerti stretta piuttosto che lasciarti andare. Spaventati si, stupidi no. Come una droga dagli effetti solo vantaggiosi, vengono immersi dalla bellezza e dalla sincerità del tuo carattere e non riescono più a farne a meno. Così a te, non resta che fartene una ragione e aspettare. Dopo tutto: “ Forse certe donne non sono fatte per essere domate, forse hanno bisogno di restare libere finché non trovano qualcuno di altrettanto selvaggio con cui correre”.





[*] per chi non lo sapesse i what’sappini sono i brevi messaggini di what’s app che spesso si accompagnano a duecento faccine su cui, a pensarci bene, si potrebbe scrivere un trattato.


Ad A che A non si chiama ma la cui privacy devo tutelare, anche solo per vedere come va a finire la storia.
A R che R non si chiama, ma che come lui ce ne sono un milione.
E a voi che nonostante la mia lunga assenza avete aspettato con ansia un altro mio articolo.






Credits- Tumblr