lunedì 30 giugno 2014

The Bitch Is Back



È tornata. 
E in realtà, più in fretta di quanto a settembre avresti anche potuto soltanto immaginare.
E' tornata anche se le cose sono cambiate e la tua pelle non è più la stessa.
E' tornata e con lei anche tutto il resto: imprevedibilità, serenità e follia.

Tu, sei pronta ad accoglierla nuovamente a braccia aperte e con quell'incoscienza che solo una come lei merita. 
Perché in fondo la verità la sai te e la sa lei: d'ora in avanti tutto può succedere. . 
Sei Pronta a vivere quella magica illusione, in fin dei conti adesso illudersi è d'obbligo.
E anche se ti viene mente che "niente dura niente e questo lo sai, tu non ti arrenderai"; partirai per quell'isola, perché dopo tutto un'isola può essere molto più fidata e sicura della terraferma. 
Non c'è bisogno di grandi preparazioni o inutili riti propiziatori.
No, quelli li lasciamo agli altri, insieme all'ansia di vivere e il phon per capelli.
Dopo tutto lo scirocco non è forse il miglior parrucchiere del mondo ?

In un attimo ti accorgi che, nonostante le tempeste d’autunno e i geloni invernali siano passati, tutto è come lo avevi lasciato.
Il mare cristallino e la sabbia bollente, gli amici di una vita e il vestito di pizzo bianco, il mojito al baretto del porto e l'odore del legno di una barca, che chiamarla casa sarebbe riduttivo. E ancora: le feste a piedi nudi sulla spiaggia, la tua torta gelato preferita, il sushi del venerdì sera a bordo mare. Le risate fino a tarda notte e il caffè del buongiorno.  

Oh si, lei è tornata e davvero non ti manca più niente.
Un po’ stronza un po’ mamma ti avvolge in un caldo abbraccio, uno di quelli asfissianti che non ti lascia respirare finché l’altro non molla la presa. Perché è anche questo che fa: ti prende e ti porta via. Come quella marea che non puoi mai sapere se ti condurrà a largo o a riva, o dove sia. A te non resta che fidarti e lasciarti trasportare dalla corrente.

Ma se lei è sempre la stessa non vale lo stesso per te.
Nella tua valigia tante,troppe novità.
Nuovi compagni di viaggio con cui condividere iniziali e lunghe serate.
Una collana, un po' Moira degli Elefanti un po' Queen Elizabeth. 
-E chi ha parlato di sobrietà ?- 
Forse un’eccessiva consapevolezza, tanta voglia di serenità e vestiti a righe, perché dopo tutto i marinai non sono mai troppi.
A casa esami, preoccupazioni e cattive dicerie; in fin dei conti con le espadrillas e il panama non ci azzeccano niente.
Sarebbe bello lasciare anche quei kiletti di troppo del panettone di Natale o dell'uovo di Pasqua, ma questa è un’altra storia. 

Gente, 
udite, udite: the bitch is back ed è pronta a sconvolgervi l'esistenza !









Credits- Tumblr

mercoledì 18 giugno 2014

(im)MATURI




All’inizio non capivo mio padre quando mi ripeteva che sarebbe stato il periodo più bello della mia vita. Ho sempre pensato che l’università, la libertà di vivere da soli, in un’altra città (La città) mi avrebbero dato ciò che dall’età di 8 anni ho sempre cercato invano di avere: l’indipendenza.
Ma poi è saltato fuori che da grandi libertà derivano anche grandi responsabilità e che se torni tardi dopo una giornata di lezioni-traffico capitolino-sciopero dei mezzi-pioggia e vuoi mangiare, è bene che ti alzi dal divano e ti prepari qualcosa perché mamma non c’è.

Certo che ricordo i miei esami di maturità.
Era il 2011 e avevo appena vissuto i mesi più belli della mia vita.
La classe era diventata una seconda famiglia per me e per gli altri.
Una volta suonata la campanella concedevo a mia mamma giusto il tempo di un veloce pranzo per poi precipitare sul divano al telefono con un amico fino al momento in cui non mi fossi vista con gli altri per “studiare”. Ricordo grandi indigestioni: di storia e gelati. Il ripasso dell’intero programma di Italiano a casa di Bea, con Roma di Nespresso (forse il mio futuro era già stato scritto) e in costume, perché quei 35 gradi della conca ternana proprio non si sopportavano. L’organizzazione del ballo d’Istituto: “Sogno di una notte d’inizio estate”. I cento giorni nella villetta di Pontecuti, tanto “quello che è successo a Pontecuti rimane a Pontecuti”.
E ancora Seneca, Polibio e Hegel. I venerdì sera al Tennis Club perché ormai la scuola stava per finire, tanto valeva divertirsi per bene. 

Il concerto di Jovanotti quello della “bella vita che auguro ai miei amici, a chi si perde tra mille incroci e a chi la augura anche a me”. La cena di classe a casa della prof. di Matematica, perché in fondo eravamo un po’ tutti figli suoi. L’ultima notte: 3 ore di sonno prima di infrangere, in macchina con Lalla, tutti i segnali stradali possibili e immaginabili. L’ultimo appello. L’ultimo ritardo (di Scatolini ovviamente).
Il rinfresco in classe, le foto di rito, i balletti in corridoio. I cartelloni sul muro e la nube di fumo in bagno. Le risate spensierate di chi pensa davvero di essere il più grande spettacolo dopo il bigbang. Le lacrime di chi sa che d’ora in avanti la pacchia è finita.

Il 21 giugno la notte prima del primo scritto. La tranquillità di una pizza con Fede e Elena e la notizia del ricovero di nonna. Il mattino seguente: kit da Tema (succhi di frutta, acqua, pizza e merendine) perché non si sa mai la fame e la sete che ti possono prendere in 6 lunghissime ore e l’in bocca al lupo di quella grande donnina che, nonostante sia in un letto d’ospedale dal quale non si alzerà più, ti dimostra ancora una volta di essere il suo unico pensiero. La corsa sulle scale per prendere i banchi in fondo e le tracce. Anche lì il destino aveva messo le mani: ovviamente l’amore, come se quello fosse stato l’unico tema di cui nella vita avrei dovuto scrivere. 
Seneca in seconda prova e le troppe materie in terza.
Finiscono gli scritti poi gli orali. La sera prima al Rendez-Vous perché l'ansia è troppa per stare a casa con Venditti che canta "Notte prima degli esami". Il grande giorno con l’ipod in cortile ad aspettare il turno e chi non è mai arrivato. Quella tesina sulle pubbliche relazioni e la chiacchierata di italiano, latino e greco.
La domanda di storia , poi quella di matematica e il pensiero che forse quelle due materie le avrei dovute studiare di più. 
Una stretta di mano e quindi la Libertà. 
La foto con “Gente Ottimista” che così ottimista non fu mai più. Il tavolo “maturati” per la sera. Il viaggio a Palma de Maiorca qualche giorno dopo.

Certo che ricordo i miei esami di maturità.
Era il 2011 e avevo appena vissuto i mesi più belli della mia vita.

Alla mia classe, alle persone che dopo 3 anni sono ancora pezzi di cuore e a chi non saluta più.
Ai professori, che dopo 3 anni hanno ancora il piacere di cenare con noi. 
A tutti voi che con gli esami ci state combattendo ora, ma che ci combatterete per sempre, perché in fondo: gli esami non finiscono mai.












domenica 8 giugno 2014

Come essere felice (parte prima)


Come essere felice parte prima:
I segreti della mera felicità secondo una persona che la mera felicità non l’ha ancora trovata, ma non demorde.

1) Impara a bastarti e se non ti basti fatti bastare le persone giuste


Il motivo principale per cui la maggior parte delle persone soffre (o pensa di soffrire) è l’assenza di compagni di vita con cui condividere le gioie quotidiane.
Come biasimarli? E’ meraviglioso svegliarsi al mattino e avere qualcuno accanto che rende il tuo buongiorno migliore con croissant e cappuccino. Come è meraviglioso passare la serata sul divano a vedere un film insieme quando pure tua cugina di quinto grado sembra avere impegni.
Ma cosa succede se questo principe azzurro tappabuchi o questa bella statuina non ci sono ?
Impara a bastarti, mi ripeteva costantemente la mia migliore amica.
E a distanza di tempo, come darle torto? Viviamo nel perenne inseguimento degli altri che troppo spesso ci dimentichiamo quanto tutto quello di cui abbiamo bisogno sia già in noi.
Forse è per questo che abbiamo, due gambe, due mani, due occhi: per raggiungere, afferrare e guardare da soli quello che vogliamo. Ora, sarebbe un’ipocrisia da parte mia dire che siamo fatti per stare da soli e dobbiamo accontentarci di questo, ma la verità è che come non siamo fatti per stare da soli, non siamo nemmeno fatti per stare con chiunque. Quindi, se ad un certo punto avvertiamo che le nostre due gambe non sono più sufficienti per camminare in questa vita e i nostri due occhi non possono continuare a specchiarsi nel mare ma hanno bisogno di altro in cui specchiarsi, la ricerca oltre che lunga e tortuosa, deve essere accurata. Se è vero, come sostiene Platone, che gli Dei hanno separato con un fulmine le rispettive anime gemelle, spetta a noi il compito di ritrovare l'altra metà della mela, ma nell’attesa non dimentichiamoci di noi stessi.

2)Smettila di mangiarti il fegato: un HamBurger Bacon e salsa BBQ con patatine fritte è più buono.


Un altro dei motivi per cui una buona parte della popolazione soffre è perché si logora dentro. Tanti, troppi i motivi per cui lo fanno: un passato troppo difficile da dimenticare, un rimpianto giovanile non ancora superato, il rimorso di ciò che si sarebbe potuto o dovuto fare. Nel 21esimo secolo logorarsi dentro è sicuramente la malattia del tempo. Ma cosa fare quando la gastrite è il tuo pane quotidiano e l’andare avanti è un ipotesi quasi irrealizzabile ?  Dimenticare non è certamente la medicina migliore, primo perché a forza di dimenticare potresti ricommettere gli stessi errori, secondo perché se non raschi bene il fondo del bicchiere della memoria il pericolo “Forse, non mi è ancora passata” è dietro l’angolo. Far finta di niente tanto meno: coprire una buca con dei ciottoli farà riapparire la buca al primo acquazzone.
Appurato che dimenticare e ignorare non sono le due soluzioni, cosa ci resta da fare ?
Massimo Troisi avrebbe detto: “Non ci resta che piangere” e in qualche situazione avrebbe avuto ragione. Ma nell’era delle fashion blogger, anche una misera colatura di mascara potrebbe essere fatale.
Scherzi a parte, la verità è che bisogna imparare a perdonare ma soprattutto a perdonarsi. E’ facile graziare gli altri, soprattutto se dietro c’è dell’affetto. Siamo portati per natura a giustificare i comportamenti sbagliati di coloro che amiamo ma con noi stessi questo accade solo di rado. Ci crocifiggiamo per un momento di debolezza, colpevolizzandoci per ogni minima defaillance e stigmatizzando ogni punto debole, ma è solo quando impareremo a perdonarci per i peccati commessi o presunti, che riusciremo ad andare avanti in pace con il mondo e con noi stessi.

To be continued…




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